LA NATURA DEL SULCIS
LA NATURA DEL SULCIS

La storia

Le prime prove della presenza umana nei territori del Sulcis-Iglesiente, risalenti al neolitico (VI-IV millennio a.C.), sono state raccolte nel riparo sottoroccia di Su Carroppu a Sirri (Carbonia), che è anche il più antico  insediamento in Sardegna. In seguito a recenti scavi e studi sembra addirittura che tale data debba essere anticipata di circa 3000 anni (fonte: http://www.suscruxoxu.it)

Successivamente si svilupparono le civiltà prenuragiche alle quali vengono attribuite numerose testimonianze religiose come menhir, dolmen, circoli megalitici e domus de janas: tra le necropoli risalenti a questo periodo riveste particolare importanza quella di Montessu (Villaperuccio).

Dal 1800 a.C. fino alla conquista romana (238 a.C.) prese piede la civiltà nuragica la cui caratteristica più rappresentativa è senza dubbio il nuraghe, una costruzione fortificata, talvolta megalitica, nella maggior parte dei casi dalla tipica forma a tronco di cono, singolo o polilobato. Nei pressi dei nuraghi sorgono spesso piccoli villaggi ed altre strutture legate al culto dei morti come le tombe dei giganti, o al culto dell’acqua come i pozzi sacri. Durante questo periodo notevole è stato l’influsso di altre civiltà, come quella dei fenici prima e dei cartaginesi poi. Importanti gli insediamenti di Sirai (Carbonia), Sant’Antioco e Pani Loriga (Santadi): anche etruschi e greci hanno stretto rapporti commerciali e culturali con le popolazioni nuragiche.

Alla conquista cartaginese seguì la dominazione romana che trasformò la Sardegna in una sua provincia: questo di fatto determinò la decaduta della civiltà nuragica. Sono riferite a questa fase innumerevoli strutture architettoniche sparse su tutto il territorio sulcitano, come strade, ponti, ville, terme e templi.

Purtroppo poco o nulla di queste opere architettoniche si è conservato fino ai nostri giorni e ciò che ne rimane è quasi sempre in stato di abbandono. La maggior parte dei nuraghi ad esempio ha subito dei crolli oppure è ancora interrata (anche se questo in realtà potrebbe averli in parte preservati), mentre dei villaggi e della maggior parte delle tombe dei giganti non restano che tracce poco comprensibili, se non per gli archeologi. Come se non bastasse, enormi danni sono stati arrecati dai tombaroli che con i loro sporchi traffici ci privano di importanti tessere della nostra storia: pochissimi infatti sono i siti archeologici scoperti inviolati e molto raramente si è potuto recuperare il corredo funebre intatto (scheletri compresi) dalle innumerevoli necropoli. Provo molta rabbia al pensiero di quanti reperti siano stati trafugati e rivenduti chissà dove: è recente il caso di un bronzetto nuragico ritrovato in un museo degli Stati Uniti e fortunatamente “rimpatriato” a Sant’Antioco. Per far capire quanto sia grave questo problema basta pensare che “l’arciere sulcitano” sarà l’unico reperto dell’età nuragica esposto al museo di Sant’Antioco, nonostante l’isola sia letteralmente disseminata di nuraghi e tombe dei giganti! (fonte: http://www.studio87.it)

Anche i lavori per la realizzazione delle opere moderne possono fare grossi danni. E’ il caso della tomba dei giganti di Carroccia (Tratalias) dalla quale sono stati rimossi grossi blocchi e lastroni per essere impiegati nella costruzione di uno sbarramento nell’adiacente lago di Monte Pranu: incredibile! (fonte: http://www.comune.tratalias.ca.it). Oppure, ancor più recentemente, la costruzione di una strada nella zona industriale di Carbonia ha distrutto una parte dei resti di una villa romana.

Per approfondimenti rimando a due interessanti siti che si occupano di questi argomenti: http://www.suscruxoxu.it/ e http://www.ab-origine.it/default.asp . Suggerisco anche un documento che ha censito il patrimonio archeologico del comune di Giba: http://www.hsmultimedia.it/giba.pdf

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